Ci serviamo dei cookie per diversi fini, tra l'altro per consentire funzioni del sito web e attività di marketing mirate. Per maggiori informazioni, riveda la nostra informativa sulla privacy e sui cookie. Può gestire le impostazioni relative ai cookie, cliccando su 'Gestisci Cookie'.
SPESE NOTARILI PER L’ACQUISTO DELLA CASA
Parte 1 - L’imposta di Registro
Tra le prime domande che solitamente ci si pone quando si deve acquistare casa è a quanto ammontino le spese del notaio. Non a caso "notaio economico" è una delle richieste più frequenti. Tuttavia, la parcella del notaio comprende tutta una serie di voci, tra le quali le imposte le tasse, che vanno versate direttamente al notaio, il quale agisce come sostituto di imposta per gli atti da lui stipulati. Il ché significa che una volta pagato il notaio, non si hanno altre spese, salvo ipotesi di decadenza dalle agevolazioni o accertamenti di valore da parte della Agenzia delle Entrate.
Tra le imposte che vanno pagate allo Stato per l’acquisto della casa, la voce principale è l’imposta di registro. Vedremo come l’onorario del notaio è quasi sempre una voce minore tra quelle che compongono il “preventivo”.
Oltre alle imposte, il preventivo del notaio include i contributi notarili (che vedremo nel dettaglio), le spese di visura (ossia i costi per verificare che sia tutto a posto a livello catastale e ipotecario), l’onorario del notaio e l’IVA.
I dati che servono, per poter fare un preventivo per la compravendita di un immobile sono:
ATTO NOTARILE TRA PRIVATI AVENTE AD OGGETTO UNA CASA DI ABITAZIONE
Un atto notarile tra privati è soggetto ad imposta di registro.
L’imposta di registro è:
E su cosa si calcola l’imposta di registro?
Nel caso di atti tra privati aventi ad oggetto case di abitazione (e relative pertinenze) la base imponibile è data dal valore catastale (c.d. prezzo-valore) e non più dal prezzo di vendita, il quale deve comunque essere dichiarato in atto.
A quanto ammonta l’imposta di registro?
Quindi, ipotizzando una casa di abitazione con una rendita catastale di euro 650, e un garage con una rendita di euro 60, e una cantina con una rendita di euro 30, si deve:
Esempio pratico di preventivo per acquisto tra privati di casa di abitazione, prezzo euro 190.000, rendita catastale totale euro 740, con agevolazione prima casa, nessun credito di imposta:
Anticipazioni non soggette ad IVA
Imposta di registro = euro 1.709,40
Imposta ipotecaria e catastale = euro 50+50 = 100
Tassa Archivio = euro 36,00
TOTALE = Euro 1.845
Competenze e diritti soggette ad IVA
Cassa Nazionale Notariato = euro 151,20
Consiglio Nazionale Notariato = euro 6,48
Consiglio Notarile Distrettuale = euro 5,40
Diritti di repertorio = euro 2,00
Spese ipo-catastali = euro 150,00
TOTALE = Euro 315,08 + IVA (22%su € 315,08) = Euro 69,32 = Euro 384,40
Spese notarili Totali
Euro 1.845 + 384,40 = Euro 2.229,40 per imposte, tasse e contributi. A queste voci va aggiunto l’onorario del notaio (e l'IVA) per il quale è necessario chiedere un preventivo ad hoc.
Parte 2 - La base imponibile sulla quale calcolare l’imposta di Registro
Il c.d. “Prezzo-Valore”
Nella prima parte di questa veloce rassegna delle voci che compongono i costi notarili per un acquisto immobiliare, abbiamo parlato della voce sicuramente principale, l’imposta di registro.
L’imposta di registro - che si applica chiaramente nelle compravendite non soggette ad IVA (sulle quali ci soffermeremo più avanti) - varia sia a seconda che si acquisti un fabbricato o un terreno, sia che il terreno sia agricolo o edificabile, e sia che chiedano o meno agevolazioni, tanto per i fabbricati (prima casa) quanto anche per i terreni (agevolazione della piccola proprietà contadina, c.d. PPC), e precisamente:
L’imposta di registro su cosa si calcola?
La regola generale è data dal D.P.R. n. 131/1986 (Testo Unico dell’imposta di Registro - TUR), che all’art. 43, comma 1, lett. a) prevede che la base imponibile è data dal valore del bene o del diritto.
E quindi, qual è questo valore?
Secondo l’art. 51, comma 1, TUR il valore è quello dichiarato dalle parti, mentre l’art. 51, comma 2, TUR prevede che se si stratta di beni immobili o diritti reali immobiliari per valore si intende il valore venale in comune commercio.
Quindi, in atto le parti dichiarano qual è il valore venale in comune commercio, e su quello si calcola l’imposta di registro.
L’AE, sul valore dichiarato dalle parti, può fare
accertamenti di valore
e precisamente:
La rettifica di valore ha un limite dato dalla c.d. “valutazione automatica”, prevista dall’art. 52, comma 4, TUR, per il quale non sono soggetti a rettifica di valore gli immobili iscritti in Catasto con una rendita catastale se venduti ad un prezzo dichiarato in misura non inferiore a 75 volte per i terreni e 100 volte per i fabbricati della rendita catastale.
A sua volta l’art. 52, comm 5, TUR prevede che questi coefficienti possono essere modificati in relazione alle mutate condizioni dei valori di mercato.
Queste due norme rappresentano il c.d. Valore Catastale, che è dato, come visto nella prima parte, dalla rendita per il coefficiente di 115,5 (prima casa) e 126 (se non ci sono agevolazioni).
Ma come mai il coefficiente per gli immobili da 100 è diventato 115,5 e 126? In base alla variazione permessa dal comma 5 visto sopra, e precisamente:
1° aumento del 10% con D.M. 14 dicembre 1991, quindi:
2° aumento del 5% con L. 662/1996, art. 3, comma 48, 51 e 52, quindi:
3° aumento solo per gli immobili NON prima casa D.L. 168/2004, per il quale l’aumento del 10% del 1996 riguarda solo gli immobili Prima Casa, mentre per gli altri l’aumento è del 20%, quindi:
Quindi il valore catastale è dato da:
Il Prezzo Valore
Con la finanziaria 2006, all’art. 1, comma 497 e 498, Legge 206/2005, modificato dall’art. 35, comma 21, D.L. 233/2006, si è previsto che:
Comma 497 - “In deroga alla disciplina di cui all'articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e fatta salva l'applicazione dell'articolo 39, primo comma, lettera d), ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto. Le parti hanno comunque l'obbligo di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono ridotti del 30 per cento”.
Comma 498 - “I contribuenti che si avvalgono delle disposizioni di cui ai commi 496 e 497 sono esclusi dai controlli di cui al comma 495 e nei loro confronti non trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 38, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 52, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986. Se viene occultato, anche in parte, il corrispettivo pattuito, le imposte sono dovute sull'intero importo di quest'ultimo e si applica la sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento della differenza tra l'imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto l'importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell'articolo 71 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986”.
La disciplina, in vigore dal 1 gennaio 2007, prevede, nei casi in cui è applicabile, che la base imponibile ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale è data dal valore catastale e non dal valore venale dichiarato dalla parte, indipendentemente dal corrispettivo pattuito, che deve comunque essere indicato in atto.
Si ha quindi un considerevole risparmio di spesa, dal momento che, per lo meno a Verona, i valori catastali degli immobili sono di gran lunga inferiori rispetto al valore di mercato (anche se, per la verità, ci sono zone nella bassa veronese dove i valori catastali sono pari se non superiori al valore di mercato).
Chi e quando può applicare il prezzo-valore? Vediamo i presupposti:
Parte 3 - Il credito di imposta
Si dice spesso che il notaio non è economico, ma - come abbiamo visto già nelle prime parti di questa, seppur breve, rassegna - nelle compravendite immobiliari l’onorario del notaio è solo una delle molte voci che concorrono a comporre la parcella del notaio.
Tra queste voci, che ricordiamo essere:
quella sicuramente più onerosa è l’imposta di registro.
Tuttavia, quando si chiede al notaio il preventivo, una delle domande che il notaio fa è proprio quella sulla presenza o meno di crediti di imposta. Questi crediti, infatti, qualora presenti, diminuiranno, potendola anche azzerare, l’imposta di registro.
Ma cos’è un credito di imposta?
Già dal termine stesso si capisce che si tratta di un credito che il cittadino (o meglio, il contribuente) vanta nei confronti dello Stato per una imposta pagata precedentemente. In pratica un credito verso lo Stato che permette di ridurre le imposte da pagare verso lo Stato, secondo il meccanismo della compensazione. Di crediti di imposta ce ne sono diversi, sia per i cittadini che per le imprese.
In materia di acquisti immobiliari, i crediti di imposta che sostanzialmente interessano sono due:
Il credito d’imposta per acquisto prima casa
La disciplina si trova all’art. 7, comma 1, Legge n. 448 1998, per il quale a chi provvede ad acquisire, a qualsiasi titolo, entro un anno dall'alienazione dell'immobile per il quale si è fruito dell'aliquota agevolata prevista ai fini dell'imposta di registro e dell'imposta sul valore aggiunto per la prima casa, un'altra casa di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni per l’agevolazione prima casa, è attribuito un credito d'imposta fino a concorrenza dell'imposta di registro o dell'imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato.
L'ammontare del credito non può essere superiore, in ogni caso, all'imposta di registro o all'imposta sul valore aggiunto dovuta per l'acquisto agevolato della nuova casa di abitazione non di lusso.
Dal 2016 (legge stabilità) si è introdotto il comma 4 bis della nota II bis dell’art. 1 della Tariffa Parte Prima, grazie al quale il credito di imposta si forma anche acquistando una “seconda” Prima Casa prima di aver venduto la “prima” prima casa, se in atto ci si impegna a vendere la “prima” prima casa entro 1 anno.
Quindi, affinché si determini un credito d’imposta è necessario che:
e affinché si possa godere in concreto del credito d’imposta è necessario che il contribuente ne faccia espressa richiesta nell’acquisto della nuova casa (Circolare AE n. 18/2013)
Un esempio pratico:
Tizio ha venduto meno di un anno fa una casa di abitazione per la quale aveva chiesto l’agevolazione prima casa ed aveva pagato come imposta di registro 1.450 euro.
Ora acquista un nuova casa, per la quale chiede nuovamente l’agevolazione prima casa (avendone i requisiti) e, dal calcolo del valore catastale per il 2% risulta un’imposta di registro di 1.800 euro. Pagherà solo 1.800 - 1.450 = 350 euro di imposta di registro
Se invece la seconda imposta di registro fosse di 1.100 euro, avrebbe un’imposta di registro pari a 0, ma la differenza dell’imposta tra i 1.450 e i 1.100 non viene recuperata.
Quindi, il credito d’imposta è la minor somma tra l’imposta di registro pagata per il primo acquisto e quella pagata per il secondo acquisto.
Come si può utilizzare il credito di imposta?
Tuttavia, il contribuente potrebbe avere convenienza a non utilizzare il credito di imposta in sede di acquisto del secondo immobile ma in sede di dichiarazione dei redditi.
L’art. 7, comma 2, Legge n. 448 1998 prevede infatti la possibilità di
Il credito di imposta in ogni caso non dà luogo a rimborsi (come visto sopra).
Il credito d'imposta per il versamento dell’imposta di registro sulla caparra confirmatoria
Nel caso di versamento di somme a titolo di:
Queste spese - ma non l’imposta fissa di 200 euro (quella è la tassa di disturbo della AE) - sono recuperabili come credito di imposta in sede di definitivo, come precisato dalla circolare AE n. 18/2013, per il quale le imposte versate in relazione alla caparra confirmatoria e al pagamento di acconti di prezzo sono scomputate dai tributi pagati in sede di stipula del contratto definitivo; non è, invece, scomputabile l'imposta in misura fissa versata per la stipula del contratto preliminare.
Parte 4 - L’agevolazione prima casa
In questa disamina delle voci che compongono la “parcella del notaio”, l’imposta di registro è spesso la voce principale. Tuttavia, tale costo può ridursi notevolmente nel caso in cui si possa usufruire della agevolazione prima casa, la quale:
L’agevolazione prima casa nasce nel 1982 (Legge 168/1982), poi prorogata di anno in anno fino al suo inserimento nel D.P.R. 131/1986 (Testo Unico dell’Imposta di Registro - TUR), per cui oggi la disciplina si trova contenuta in due testi normativi:
Ma quali sono le condizioni per poter usufruire della agevolazione prima casa?
Per poter usufruire della agevolazione prima casa è necessario rispettare una serie di requisiti, la cui mancanza, anche di uno solo di essi, preclude l’utilizzo dell’agevolazione:
Questa è la normativa generale, la quale tuttavia può avere innumerevoli casi particolari che vanno analizzati individualmente, e sui quali si è quasi sempre espressa l’Agenzia delle Entrate, con Circolari o risposte a interpelli.
Rimane da vedere la questione delle decadenze, della vendita infraquinquennale, del riacquisto entro 1 anno, dell’impegno a rivendere entro 1 anno e del credito di imposta.
Parte 5 - La plusvalenza e l’imposta sostitutiva
Innanzitutto, cos’è la plusvalenza?
Si tratta di una differenza di valore tra il costo di acquisto di un bene e il prezzo di rivendita. In sostanza, se ho acquistato un bene a 120 e l’ho rivenduto a 150, ho realizzato una plusvalenza di 30.
Il costo di acquisto può essere aumentato in base ad altri costi inerenti, ossia spese sostenute sia per l’acquisto del bene sia per eventuali migliorie. Quindi, se per il bene acquistato a 120 ho sostenuto spese di ristrutturazione per 15, il costo di acquisto sarà 120+15=135, quindi la plusvalenza sarà non più 30 ma 15.
Ora, il perché sia importante la plusvalenza in tema immobiliare deriva dal fatto che la normativa fiscale considera la plusvalenza come un “altro reddito”, e pertanto oggetto di tassazione.
La norma sulla plusvalenza, essendo appunto un reddito tassabile, è contenuta nel Testo Unico delle imposte sui redditi, precisamente all’art. 67, comma 1, lett. a) e b) (recentemente è stato introdotto anche il comma b-bis per le plusvalenze da superbonus), che recita:
“Redditi diversi
Quindi, la plusvalenza si considera reddito diverso, e quindi tassabile, se:
chi vende
è un privato soggetto ad Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), in quanto la norma chiaramente esclude i redditi di capitale, quelli conseguiti nell’esercizio di arti, professioni, imprese commerciali, s.n.c. e s.a.s. (in quanto sono già tassati in quanto reddito di impresa) e quelli da lavoratore dipendente (anche loro già tassati);
e ad oggetto sono
Immobili di qualunque genere, se pervenuti per successione, non generano plusvalenza.
Imposta sostitutiva del 26%
La plusvalenza forma un “altro reddito” tassabile, per cui l’aliquota cambia a seconda dello scaglione in cui si trova il contribuente.
Tuttavia, è possibile pagare in atto - quindi subito! - un'imposta sostitutiva del 26%
L'art. 1, comma 496, L. 266/2005 prevede che: “In caso di cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, all'atto della cessione e su richiesta della parte venditrice resa al notaio, in deroga alla disciplina di cui all'articolo 67, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sulle plusvalenze realizzate si applica un'imposta, sostitutiva dell'imposta sul reddito, del 26 per cento. A seguito della richiesta, il notaio provvede anche all'applicazione e al versamento dell'imposta sostitutiva della plusvalenza di cui al precedente periodo, ricevendo la provvista dal cedente. Il notaio comunica altresì all'Agenzia delle entrate i dati relativi alle cessioni di cui al primo periodo, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia”.
A quali immobili si applica?
La norma è una deroga a immobili acquistati o costruiti da non più di 5 anni, quindi si applica solo a quegli immobili per cui, dopo i 5 anni, non si ha plusvalenza. Pertanto, l’imposta sostitutiva non si applica ai terreni edificabili.