Ci serviamo dei cookie per diversi fini, tra l'altro per consentire funzioni del sito web e attività di marketing mirate. Per maggiori informazioni, riveda la nostra informativa sulla privacy e sui cookie. Può gestire le impostazioni relative ai cookie, cliccando su 'Gestisci Cookie'.
TRASFORMAZIONE DI IMPRESA INDIVIDUALE IN SOCIETA’
E
TRASFORMAZIONE DI SOCIETA’ IN IMPRESA INDIVIDUALE
Si domanda spesso al notaio se sia possibile trasformare un’impresa individuale in società o, viceversa, se sia possibile trasformare una società in impresa individuale.
La questione attiene a due profili molto importanti in tema societario, ossia quello prettamente giuridico, attinente alla ammissibilità di una siffatta trasformazione e, soprattutto, quello fiscale, potendo usufruire del trattamento fiscale ben più favorevole della semplice trasformazione rispetto al conferimento di azienda o alla assegnazione dell’azienda al socio.
Innanzitutto, è utile ricordare i concetti fondamentali in tema di trasformazione, il ché aiuterà a comprendere anche il trattamento fiscale decisamente più favorevole di una trasformazione rispetto ad un conferimento d’azienda in società o una assegnazione di azienda al socio.
Perché converrebbe poter fare una trasformazione?
Per rispondere è necessario comprendere la natura giuridica della trasformazione (analoga alle altre operazioni straordinarie di fusione e scissione). Le operazioni straordinarie, tra cui la trasformazione, sono connaturate dal c.d. principio di continuità, in base al quale con la trasformazione la società o ente muta solamente la sua “veste giuridica”, nel senso che l’imprenditore continua ad operare solamente con le nuove regole proprie della nuova società in cui si è trasformato. L’imprenditore, nelle società, ricordiamo che è la società stessa (l’assemblea dei soci, l’organo amministrativo e l’organo di controllo sono solo organi della società), è essa il soggetto giuridico (persona giuridica nel caso di società di capitali) che esercita l’impresa. In altre parole, una SRL, ad esempio, che si trasforma in SPA, altro non è che un soggetto giuridico che esercita attività di impresa secondo le regole della SRL che, a seguito della trasformazione in SPA, continua (principio di continuità, appunto) ad esercitare la medesima impresa secondo le regole non più della SRL ma della SPA.
L’effetto principale del principio di continuità è l’irrilevanza dell’operazione dal punto di vista fiscale, mancando un trasferimento del patrimonio tra la società trasformanda e la società trasformata.
Inoltre, quale corollario del principio di continuità, vi è la prosecuzione di tutti i rapporti, diritti e obblighi del soggetto giuridico trasformando, e, inoltre, di non poco conto, vi è anche il mantenimento della stessa partita IVA.
Riguardo alla partita IVA, infatti, il D.P.R. n. 633/1972, all’art. 35, comma 1, prevede che “I soggetti che intraprendono l'esercizio di un'impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell'Agenzia delle entrate ovvero ad un ufficio provinciale dell'imposta sul valore aggiunto della medesima Agenzia; la dichiarazione e' redatta, a pena di nullita', su modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. L'ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita I.V.A. che restera' invariato anche nelle ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell'attivita' e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella home-page dell'eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto”. Quindi, dal momento che nella trasformazione, proprio in ragione dei principio di continuità, non si ha una cessazione dell’attività, il numero di partita IVA rimane uguale.
DA IMPRESA INDIVIDUALE A SOCIETA’ UNIPERSONALE
Quando un imprenditore individuale avrebbe interesse a trasformarsi in società di capitali?
Innanzitutto, il riferimento è solo alle società di capitali in quanto sono le uniche, limitatamente alle SRL e SPA, a consentire una società unipersonale (cosa non possibile per le società di persone e per la società in accomandita per azioni).
La ragione principale è chiaramente quella della limitazione di responsabilità. L’imprenditore individuale, come sappiamo, non ha una separazione patrimoniale tra i suoi beni personali e beni destinati all’impresa, ragion per cui, nel caso di dissesto, rischia anche con tutti i suoi beni personali.
L’art. 2740 c.c., prevede infatti che il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri e le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge, tra le quali, appunto, vi è la limitazione di responsabilità propria delle società di capitali (autonomia patrimoniale perfetta, che si contrappone all’autonomia patrimoniale imperfetta propria delle società di persone).
Ma in concreto, può un imprenditore individuale trasformarsi in società?
Anche qui è necessario chiarire. Non vi è dubbio alcuno che un imprenditore individuale possa decidere di continuare la propria attività non più come ditta individuale ma come società unipersonale. La questione è se possa “direttamente” trasformarsi, godendo quindi dei vantaggi della trasformazione, o se debba costituire una società di capitali unipersonale, conferire l’azienda e, infine, cancellarsi dal R.I. come ditta individuale.
Orbene, si ritiene che un imprenditore individuale che voglia proseguire come società unipersonale non possa direttamente trasformarsi in società, ma debba necessariamente costituire una società di capitali unipersonale (SRL o SPA) e in essa conferire l’azienda.
Tale orientamento, per la verità già pacifico in dottrina e giurisprudenza, è stato da ultimo ribadito dalla Cassazione n. 5088//2024, la quale ha ribadito il concetto che la trasformazione, omogenea ed eterogenea, è un istituto riservato alla trasformazione di soggetti di diritto che siano “enti”, e non solamente persona fisica. Ogni ente ha pur sempre un qualche grado di separazione patrimoniale che manca all’imprenditore individuale.
Ma dal punto di vista economico, civilistico e pratico cosa cambia?
1) Dal punto di vista “economico”, nel senso di “costi” dell’operazione, poco cambia. Infatti, trattandosi di proseguimento dell’attività di impresa, ciò che l’imprenditore conferirà non sarà uno o più singoli beni, mobili o immobili, strumentali o non strumentali, ma sarà un’azienda.
Orbene, ai fini dell imposte indirette:
- si paga l’imposta di registro in misura fissa di euro 200 ai sensi del combinato disposto dell'art. 4, lettera d), numero 2, e lettera a), numero 3 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131;
- l’operazione non è in campo IVA, ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 6, D.P.R. 633/1972, secondo cui le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo che abbiano ad oggetto aziende, o complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa, non sono considerate cessioni di beni.
2) dal punto di vista civilistico, cambia il regime di responsabilità dell’imprenditore individuale per i debiti aziendali sorti prima della trasformazione (rectius, costituzione di società e conferimento di azienda), essendo più favorevole per l’imprenditore quello della trasformazione, e più favorevole per i creditori quello del conferimento di azienda.
Le rispettive norme di riferimento sono:
* Per il conferimento d’azienda, art. 2560 c.c., per il quale “l'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”;
* Per la trasformazione, art. 2500-quinquies c.c., per il quale “La trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti previsti dal terzo comma dell'articolo 2500, se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione.
Il consenso si presume se i creditori, ai quali la deliberazione di trasformazione sia stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi che garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento, non lo hanno espressamente negato nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione”.
Quindi, se fosse possibile la trasformazione si potrebbe presumere il consenso alla liberazione da parte dei creditori sociali nel caso di comunicazione della trasformazione e mancata comunicazione di diniego alla liberazione nel termine di 60 giorni; mentre nel caso di conferimento di azienda il consenso non si può presumere ma serve che sia espresso.
3) Infine, dal punto di vista pratico, l’imprenditore individuale dovrà cambiare la partita IVA, iniziando ad esercitare l’impresa nella forma della società unipersonale.
DA SOCIETA’ UNIPERSONALE A IMPRESA INDIVIDUALE
Siamo quindi arrivati all’ipotesi inversa, quella del passaggio da una società unipersonale ad un’impresa individuale. Ma quando l’unico socio di una società unipersonale potrebbe voler continuare l’attività di impresa come impresa individuale?
Le ragioni potrebbero essere di natura economica, nel senso che il socio unico potrebbe ritenere più conveniente tale operazione per non dover far fronte ai costi di gestione di una società di capitali, sul presupposto, s’immagina, di una valutazione a monte circa i rischi di una responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, dal momento che l’imprenditore individuale opera nel mondo del diritto senza nessun tipo di “autonomia” patrimoniale, imperfetta (come nelle società di persone) né tantomeno perfetta (come nelle società di capitali).
Ma a ben vedere, la ragione prevalente di un passaggio da società unipersonale a impresa individuale si ha nelle società di persone, al venire meno della pluralità dei soci.
Si ricordano le due norme di riferimento:
- per le società semplici, l’art. 2272 c.c., per il quale “La società si scioglie: [...] 4) quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita; [...]”;
- per le società in nome collettivo, l’art. 2308 c.c., per il quale “la società si scioglie, oltre che per le cause indicate dall'articolo 2272, per provvedimento dell'autorità governativa nei casi stabiliti dalla legge e per l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale”;
- per le società in accomandita semplice, l’art. 2323 c.c., per il quale “ la società si scioglie, oltre che per le cause previste nell'articolo 2308, quando rimangono soltanto soci accomandanti o soci accomandatari, sempreché nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio che è venuto meno.
Se vengono a mancare tutti gli accomandatari, per il periodo indicato dal comma precedente gli accomandanti nominano un amministratore provvisorio(2) per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. L'amministratore provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario”.
Pertanto, decorso il termine di sei mesi senza la ricostituzione della pluralità dei soci, il socio (rimasto) unico della società di persona, ha queste possibilità:
- sciogliere la società, liquidare e cancellarla dal registro delle imprese;
- trasformarsi in altra società unipersonale (quindi SRL o SPA);
- proseguire come impresa individuale.
Mentre non vi sono dubbi sullo scioglimento o sulla trasformazione in società di capitali unipersonale, il dubbio attiene all’ultima ipotesi, ossia se la prosecuzione come “ditta individuale” possa effettuarsi con una trasformazione o serva lo scioglimento della società di persona, quindi la fase di liquidazione e l’assegnazione dell’azienda all’ormai ex socio unico ora imprenditore individuale.
Sebbene la dottrina sia sostanzialmente favorevole ad una trasformazione (eterogenea) da società unipersonale di capitali, o società di persone al venir meno della pluralità dei soci, la giurisprudenza è sostanzialmente costante nel non ammettere detta trasformazione.
Sarà quindi necessario, anche in questo caso, come nel caso inverso visto sopra, una procedura che preveda il formale scioglimento della società e la prosecuzione dell’impresa in forma individuale, quindi scioglimento, liquidazione e assegnazione dell’azienda all’unico socio, ora imprenditore individuale.